Un aspetto di fondamentale importanza, trattando dell’Iva in edilizia, riguarda l’individuazione del soggetto responsabile per la corretta applicazione dell’aliquota Iva. Nella pratica di tutti i giorni, si assiste sovente al rilascio di “dichiarazioni” o di documenti con i quali l’acquirente/committente chiede di poter usufruire di una determinata aliquota ridotta. In linea generale, è necessario premettere che tali dichiarazioni di parte non determinano un’inversione della responsabilità per la corretta applicazione dell’imposta, la quale rimane in capo al cedente/prestatore, così come previsto dai principi generali dell’imposta. Infatti, l’articolo 17, comma 1, D.P.R. 633/1972, recitando che “l’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili (….)”, individua nel cedente/prestatore il soggetto passivo ed il debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario. Da ciò deriva che l’eventuale individuazione dell’aliquota errata comporta la responsabilità del cedente/prestatore per la differenza d’imposta dovuta e per le relative sanzioni applicabili. Tuttavia, la suddetta affermazione, come si vedrà nel seguito, può trovare delle eccezioni, ragion per cui è necessario distinguere due fattispecie:
- le responsabilità stabilite per legge, o per atto amministrativo;
- le responsabilità stabilite per accordi tra le parti.
Rientrano nel primo “gruppo”, le seguenti ipotesi:
- applicazione dei benefici “prima casa”, ricollegati alle caratteristiche soggettive dell’acquirente;
- cessione di beni, escluse le materie prime e semilavorate.
Al di fuori dei casi esaminati nel precedente paragrafo, la responsabilità della corretta applicazione dell’Iva ricade sul soggetto passivo d’imposta, ossia sul cedente/prestatore. Tuttavia, tale ultimo soggetto procede all’applicazione dell’aliquota ridotta sulla scorta di dichiarazioni rilasciate dal proprio cliente, ragion per cui è necessario chiedersi quale debba essere, se possibile, il comportamento che deve adottare il cedente/prestatore per evitare di incorrere in successive responsabilità. Nell’ambito delle disposizioni che regolano il regime sanzionatorio, come detto, il soggetto passivo è responsabile della corretta applicazione dell’imposta, a meno che non si in grado di dimostrare che l’errore sia stato determinato da obiettive condizioni di incertezza della norma, ovvero perché l’acquirente/committente ha occultato, falsificato o ha compiuto degli atti che hanno indotto in errore il cedente/prestatore.
Risulta, pertanto, determinante, nello scenario descritto, riuscire a dimostrare di avere operato in buona fede, la quale può far venire meno la responsabilità del soggetto passivo d’imposta laddove la violazione sia stata determinata da una situazione non ricollegabile alla volontà del soggetto stesso, il quale dimostri di aver compiuto tutto quanto sia possibile nella propria posizione, così da dimostrare che l’errore compiuto non sia a lui imputabile.
In questo filone, si inserisce anche la circolare n. 180/E/1998, in cui l’Amministrazione finanziaria ha precisato che il fattore discriminante è costituito dalla causa dell’errore. In tale ottica, infatti, è possibile distinguere le due seguenti fattispecie, in funzione della causa dell’errore:
- errore dipendente da imprudenza, mancata diligenza o imperizia: in tal caso, la causa dell’errore non può escludere da responsabilità l’autore della violazione;
- l’autore della violazione ha osservato la normale diligenza: tale comportamento significa che il soggetto può invocare l’articolo 5, D. Lgs. 472/1997 per escludere l’applicazione di sanzioni nei suoi confronti. Nel concreto, per dimostrare la propria buona fede e diligenza, l’operatore non solo deve esigere una dichiarazione da parte del proprio cliente, nella quale si attesti la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’aliquota ridotta, ma deve, altresì, pretendere copia di tutta la documentazione (concessioni, asseverazioni, denunce di inizio attività, ecc.) utile ad avallare la richiesta.
da Euroconference News