Nel corso della Videoconferenza di qualche giorno fa, l’Agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi della corretta imputazione temporale di incassi e pagamenti che intervengono a cavallo d’anno.
La questione riveste particolare importanza per i contribuenti che, nella determinazione del reddito, applicano il principio di cassa: in primis, esercenti arti e professioni in regime “ordinario” (ex art. 54 del TUIR), poi forfetari (ex L. 190/2014) e, dal 2017, anche imprese in contabilità semplificata (ex art. 66 del TUIR).
La risposta appare interessante, perché affronta, per la prima volta, la questione dal lato del soggetto che sostiene la spesa e non da quello del percipiente il compenso o ricavo.
Riepilogando brevemente lo stato dell’arte, nel caso di riscossione in contanti non sorgono particolari questioni; il momento del pagamento (da parte del cliente) e quello dell’incasso (da parte del percipiente) coincidono. Rileva quindi il momento della consegna del denaro, corredato dalla relativa ricevuta confirmatoria da parte del ricevente (Cass. n. 20033/2017).
Invece, per i “movimenti” che avvengono con strumenti diversi dal contante (es. assegni, bonifici, bancomat o carte di credito), occorre tenere presente lo sfasamento temporale che si verifica tra:
- la perdita della disponibilità del denaro da parte del cliente;
- l’acquisto della disponibilità del denaro da parte del professionista o dell’imprenditore in contabilità semplificata.
Nell’ipotesi di compensi riscossi mediante assegno bancario o circolare, gli emolumenti si considerano percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista o dell’imprenditore, coincidente con la materiale consegna del titolo medesimo dall’emittente al ricevente. Nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che il versamento dell’assegno sul conto corrente intervenga in un momento successivo e in un diverso periodo d’imposta (ris. n. 138/2009 e circ. n. 38/2010, § 3.3).
Secondo la Cassazione n. 20033/2017, il momento della consegna coincide con la data apposta sull’assegno: sussiste, infatti, una “presunzione di identità” tra tali momenti, sicché in tale data “si assiste al passaggio del titolo (e del credito incorporato)”.
Ciò posto, veniamo ora all’oggetto della risposta di ieri, e cioè il pagamento tramite bonifico.
In passato, l’Agenzia ha affrontato il tema dal punto di vista del percipiente, precisando che rileva la data dell’accredito della somma sul conto corrente (c.d. “data disponibilità”): è infatti da tale momento che il titolare del conto acquista la facoltà di utilizzare liberamente il proprio denaro (circ. n. 38/2010, § 3.3).
Nessuna importanza assumono invece:
- la c.d. “data valuta”, rilevante esclusivamente per il computo degli interessi;
- il momento in cui viene impartito l’ordine di bonifico;
- il momento in cui la banca informa il percipiente dell’avvenuto accredito.
Così, si supponga che:
- in data 29 dicembre 2023 il cliente di un professionista abbia effettuato un ordine di bonifico a saldo di una determinata prestazione;
- l’accredito della somma sul conto corrente del professionista sia intervenuto il 2 gennaio 2024.
Per quanto sopra, il compenso concorre alla formazione del reddito di lavoro professionale del 2024 (e non del 2023) e andrà quindi dichiarato nel modello REDDITI 2025.
La risposta di ieri esamina, invece, il caso “inverso” del pagamento delle spese tramite bonifico. Secondo l’Agenzia, in tale ipotesi rileva il momento in cui il professionista impartisce l’ordine di pagamento alla banca.
L’Amministrazione finanziaria fonda le proprie conclusioni sul contenuto della ris. n. 77/2007, secondo la quale i contributi previdenziali pagati, tramite carta di credito, alla Cassa di previdenza sono deducibili dal reddito complessivo IRPEF nel momento in cui è utilizzata la carta. È in tale momento, infatti, che “il professionista dà di fatto l’ordine di pagamento alla banca, ottenendo contestualmente il rilascio della ricevuta telematica di avvenuto pagamento (…)”.
Pertanto, se il professionista effettua un bonifico il 29 dicembre 2023, che viene addebitato sul conto corrente il 2 gennaio 2024, secondo l’Agenzia “il costo sostenuto «per cassa» è riferito all’anno 2023” (e va, quindi, dedotto nel modello REDDITI 2024).
In senso più generale, onde evitare che il momento in cui il provento si considera incassato da parte del percipiente non coincida con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo o del mese in cui l’erogante deve effettuare il versamento della ritenuta e includerla nella Certificazione Unica e nel modello 770 (con conseguente rischio di richiesta di documentazione), appare consigliabile anticipare il più possibile i pagamenti rispetto alla fine dell’anno oppure eseguirli l’anno successivo (si veda “Ritenute per incassi «a cavallo» d’anno a rischio controllo formale” del 29 dicembre 2017).
da Eutekne.info