Accanto agli aspetti operativi per fruire del bonus, gli operatori devono dare il giusto risalto anche agli aspetti Iva che sono i primi elementi sui quali porre attenzione: se infatti molti adempimenti del superbonus possono anche essere gestiti successivamente, il tema dell’aliquota deve, per evidenti motivi, essere affrontato già in sede di emissione del documento.
In questo periodo, una delle previsioni che più desta interesse è certamente il superbonus, che permette il recupero (più che) integrale delle spese sostenute per gli interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni ecologiche e statiche degli edifici (disciplina in corso di proroga, ma con numerose modificazioni e limitazioni).
Accanto agli aspetti operativi per fruire del bonus, gli operatori devono dare il giusto risalto anche agli aspetti Iva che sono i primi elementi sui quali porre attenzione: se infatti molti adempimenti del superbonus possono anche essere gestiti successivamente, il tema dell’aliquota deve, per evidenti motivi, essere affrontato già in sede di emissione del documento.
Peraltro, la corretta scelta dell’aliquota, oltre alla problematica intrinseca, è connessa alla verifica del rispetto dei limiti massimi agevolabili al 110%; posto che le persone fisiche che agiscono al di fuori della sfera dell’impresa non possono detrarre l’Iva, che quindi può essere recuperata tramite il superbonus, applicare il 22%, in luogo del 10%, finisce per saturare più velocemente il plafond delle spese agevolabili.
L’applicazione dell’aliquota Iva 10% negli interventi edilizi
Senza addentrarci in questioni tecniche che esulano la professione del fiscalista, va ricordato che ai sensi del comma 13-ter dell’articolo 119 D.L. 34/2020 (introdotto pochi mesi dal D.L. 77/2021), gli interventi che danno diritto al superbonus sono normalmente qualificabili quali manutenzioni straordinarie ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b), D.P.R. 380/2001.
Il citato comma 13-ter recita: “Gli interventi di cui al presente articolo, anche qualora riguardino le parti strutturali degli edifici o i prospetti, con esclusione di quelli comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, costituiscono manutenzione straordinaria…”).
Questa riqualificazione degli interventi costituisce una facilitazione edilizia, ma sotto il profilo fiscale complica (e peggiora) significativamente le cose.
Infatti va ricordato che:
– da un lato, gli interventi edilizi “pesanti” (ossia restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica ci sui all’articolo 3, comma 1 lett. c), d) e f) D.P.R. 380/2001) beneficiano di una applicazione generalizzata dell’aliquota del 10%. Ai sensi del n. 127-terdecies della Tabella A, Parte III allegata al D.P.R. 633/1972, l’aliquota Iva ridotta si applica anche alle cessioni di “beni finiti” e ai sensi del n. 127-quaterdecies si applica agli interventi edilizi diversi dalle manutenzioni;
– dall’altro, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lett. b), L. 488/1999, godono dell’aliquota Iva del 10% le prestazioni aventi ad oggetto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui all’articolo 31, comma 1 lett. a) e b), L. 457/1978, ora trasfuse nelle lett. a) e b) dell’articolo 3, comma 1, D.P.R. 380/2001, eseguite su edifici a prevalente destinazione abitativa privata.
Quest’ultima previsione, come noto, prevede l’applicazione dell’Iva ridotta con una portata limitata, quando la prestazione è accompagnata alla fornitura di beni di significativi, come individuati dal D.M. 29.12.1999 (elenco da considerarsi tassativo, ma tenendo presente che i termini utilizzati per individuare i “beni significativi” devono essere intesi nel loro significato generico e non tecnico). L’aliquota ridotta si applica alla manodopera, nonché ai beni significativi fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione al netto dei predetti beni.
Nell’ambito di un intervento che può fruire del 110% capita spesso di imbattersi in beni significativi; si pensi, ad esempio, ai frequentissimi casi di sostituzione degli infissi e caldaie che, proprio per rispettare i requisiti tecnici necessari per accedere al superbonus, risultano decisamente costosi.
Queste prestazioni e forniture, realizzate nell’ambito della manutenzione straordinaria, a differenza di una ristrutturazione, sono spesso caratterizzate da una eccedenza del valore dei beni significativi rispetto al valore della manodopera, con la conseguenza che una consistente frazione del corrispettivo complessivo sarà assoggettato ad Iva 22%, con maggior rischio di saturare i plafond previsti per il superbonus.
da Euroconference News