Con la sentenza n. 6584 del 12 marzo 2024, la Cassazione ha sancito che il manifesto di carico, vidimato dall’Ufficio doganale di uscita, rappresenta una valida prova alternativa dell’esportazione e, dunque, giustifica l’applicazione del regime di non imponibilità IVA alla cessione effettuata.
Il procedimento, giunto all’esame della Suprema Corte, trae origine da un accertamento operato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società italiana che aveva effettuato cessioni di beni destinati a un soggetto extra Ue (islandese). Occupandosi quest’ultimo del trasporto, l’esportazione veniva perfezionata dallo Stato membro Ue (Paesi Bassi) da cui i beni venivano esportati (Porto di Rotterdam) e la bolletta doganale di export veniva intestata a un soggetto estero.
La società italiana cedente aveva applicato il regime di non imponibilità IVA, ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. b) del DPR 633/72, il quale veniva però contestato dall’Amministrazione finanziaria italiana, ritenendo carente la documentazione probante l’avvenuta cessione all’esportazione.
Non era stato considerato sufficiente il set documentale proposto dal cedente, rappresentato dalle fatture di vendita, dalle lettere di vettura del trasportatore, dalla nota di consegna allo spedizioniere olandese e dai manifesti di carico timbrati dalla dogana di Rotterdam. Nel caso di specie, infatti, il cedente non poteva fornire direttamente la prova dell’invio dei beni all’estero poiché la procedura doganale era stata curata da un esportatore estero, non ubicato in Italia, e sia il messaggio “risultato di uscita” che la procedura di “follow up” erano stati notificati al cessionario extra Ue.
Al riguardo, è opportuno rammentare che la prova di uscita delle merci dal territorio doganale dell’Ue è fornita dal messaggio “risultato di uscita”, vale a dire il c.d. “Movement Reference Number” (MRN), il quale costituisce il visto di uscita elettronico che l’Ufficio doganale competente trasmette alla Dogana di esportazione tramite il sistema ECS (Export Control System). Tale prova ha sostituito, da svariati anni, il timbro che veniva apposto dalla Dogana di uscita sull’esemplare n. 3 del DAU.
Pertanto, la prova principale dell’effettiva destinazione dei beni all’estero è rappresentata dalla notifica di esportazione mediante il c.d. “MRN”, riportato nella dichiarazione, la cui tracciabilità è rinvenibile sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli.
In particolare, i dati visualizzati sono ottenuti interrogando il sistema informativo nazionale delle dogane AIDA, il quale fornisce, in tempo reale, le informazioni solo per MRN rilasciati da Uffici doganali italiani. Nel caso, invece, in cui gli MRN siano rilasciati da Uffici di esportazione non italiani, gli operatori economici devono rivolgersi alle autorità estere competenti al fine di verificare la corretta chiusura delle operazioni.
Se l’Ufficio doganale di uscita non provvede a inoltrare l’appuramento elettronico all’ufficio di esportazione, quest’ultimo è tenuto ad attivare la procedura di “follow up”, chiedendo per iscritto all’esportatore di fornire le prove alternative, elencate nell’art. 335 del Regolamento Ue n. 2447/2015.
Ai fini del regime di non imponibilità IVA, l’art. 8 comma 1 lett. b) del DPR 633/72, richiede che l’esportazione risulti da “vidimazione apposta dall’ufficio doganale o dall’ufficio postale su un esemplare della fattura”. L’adozione del regime può essere giustificata anche per mezzo di attestazioni e certificazioni rilasciate da una dogana o da altre pubbliche amministrazioni estere, nonché avvalendosi di idonei documenti di trasporto internazionali (art. 346 del DPR 43/73; C.M. n. 211/74).
Al riguardo, la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini del regime di non imponibilità in argomento, la destinazione dei beni al di fuori del territorio Ue deve essere documentata con mezzi di prova certi e incontrovertibili, che devono provenire da autorità estere o essere dalle stesse vidimati (cfr. Cass. nn. 25454/2018, 2259/2018 e 16971/2016).
Di contro, non sono idonei a giustificare l’uscita dal territorio unionale i documenti di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento (Cass. nn. 3193/2015 e 20487/2013).
In virtù di tali principi, ribaditi con la sentenza in esame, la Cassazione ha riconosciuto “rilevanza al manifesto di carico, attestante il carico della merce a bordo della nave del trasportatore, vidimato dalla dogana di uscita, quale prova dell’uscita della merce dal territorio comunitario”.
Il documento che, ai sensi dell’art. 120 del DPR 43/73, il capitano della nave deve presentare all’Ufficio doganale per la vidimazione prima di partire dal porto rappresenta, pertanto, una valida prova alternativa che giustifica l’applicazione del regime di non imponibilità IVA per le cessioni all’esportazione.
da Eutekne.info