I datori di lavoro hanno tempo fino al prossimo 30 giugno per consentire ai dipendenti di fruire delle ferie maturate nell’anno 2022. Il riferimento normativo è l’art. 10 del DLgs. 66/2003, che stabilisce la durata minima delle ferie annuali, non inferiore a quattro settimane, e dispone altresì che due settimane devono essere fruite entro il 31 dicembre di ciascun anno, mentre le restanti due possono essere godute entro i 18 mesi successivi alla fine del periodo di maturazione.
Quindi, in relazione all’anno 2022, le due settimane dovevano essere fruite dai lavoratori entro il 31 dicembre 2022, mentre le ulteriori due devono essere godute entro il 30 giugno 2024.
Si precisa che la contrattazione collettiva può intervenire in deroga rispetto a quanto stabilito dalla norma di legge, prevedendo giorni di ferie aggiuntivi rispetto al periodo minimo di quattro settimane, oppure posticipando il termine di fruizione dei 18 mesi.
Giova ricordare che il diritto irrinunciabile alle ferie è sancito a livello costituzionale dall’art. 36 ed è funzionale al recupero delle energie psico-fisiche che il dipendente ha investito nello svolgimento della prestazione lavorativa, nonché per consentire allo stesso di realizzare le esigenze afferenti alla sua vita sociale e familiare.
Ne consegue che il periodo minimo feriale stabilito dalla legge non può essere sostituito da un’indennità retributiva – fatta salva l’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro – in quanto la monetizzazione non consentirebbe l’effettivo ristoro delle energie impiegate dal dipendente nel corso dell’anno. La monetizzazione è peraltro ammessa quando riguarda le ferie aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva, oppure quelle maturate nel corso di un contratto a tempo determinato inferiore a 12 mesi (circ. Min. Lavoro n. 8/2005).
Tutto ciò considerato, entro il prossimo 30 giugno i datori di lavoro dovranno verificare l’avvenuta fruizione delle ferie maturate dai dipendenti nell’anno 2022. Il mancato rispetto del termine comporterà l’insorgere dell’obbligo di versamento della contribuzione all’INPS.
Nel dettaglio, il momento impositivo del compenso per ferie non godute si considera realizzato al diciottesimo mese successivo al termine dell’anno di maturazione, o al diverso termine stabilito dalla contrattazione collettiva di riferimento. I datori di lavoro dovranno pertanto sommare alla retribuzione del mese successivo a quello di scadenza delle ferie anche l’imponibile relativo al compenso per ferie non godute, ancorché non ancora corrisposto (circ. INPS nn. 15/2002 e 162/2010).
Si precisa che il termine relativo all’obbligo contributivo viene sospeso al verificarsi di eventi che interrompono temporaneamente l’attività lavorativa, quali ad esempio l’astensione per maternità, l’assenza per malattia e infortunio o l’intervento della cassa integrazione ordinaria o straordinaria; la sospensione avrà una durata pari a quella dell’impedimento e decorrerà nuovamente dal giorno in cui il lavoratore riprenderà servizio.
Resta inteso che i lavoratori conservano il diritto a fruire delle ferie non godute anche successivamente alla loro scadenza; in tale ipotesi, avendo già versato all’INPS la relativa contribuzione previdenziale, i datori di lavoro modificheranno in diminuzione l’imponibile dell’anno e mese nel quale è stato assoggettato il compenso per ferie non godute. Da un punto di vista operativo, nel flusso UniEmens relativo al mese in cui avviene tale conguaglio, dovrà essere valorizzato il campo VarRetributive, indicando il periodo in cui è stata anticipata la contribuzione, la specifica causale “FERIE”, la retribuzione da portare in diminuzione dell’imponibile previdenziale (ImponibileVarRetr) e l’importo dei contributi da recuperare (ContributoVarRetr).
Si evidenzia infine che, oltre all’insorgere dell’obbligazione contributiva, in caso di violazione del termine entro il quale le ferie devono essere fruite, l’art. 18-bis del DLgs. 66/2003 prevede le seguenti sanzioni amministrative:
- da 120 a 720 euro per violazioni riguardanti un solo anno e riferite fino a 5 lavoratori;
- da 480 a 1.800 euro per violazioni riguardanti più di 5 lavoratori o che si sono verificate in almeno due anni;
- da 960 a 5.400 euro se i lavoratori coinvolti sono più di dieci o per violazioni che si sono verificate in almeno 4 anni.
Da Eutekne.info