La presenza di un “contraente generale” crea delle difficoltà nella fatturazione verso tale soggetto da parte dei suoi fornitori, per via di una norma di dubbia applicazione con riguardo al tema del reverse charge di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a) del Decreto Iva.
Sempre più spesso, nei lavori privati, si sente parlare di opere realizzate da un general contractor, o contraente generale.
La stessa Agenzia delle Entrate, con riguardo alla detrazione del 110%, ha fornito due risposte ad interpello (la n. 254/2021 e la n. 480/2021) con le quali si è occupata della detraibilità delle fatture emesse da soggetti che si qualificano come “contraenti generali”, in quanto impegnati alla totale esecuzione dell’opera, fermo restando che, come si legge in particolare nel quesito oggetto della risposta n. 254/2021, in capo al committente restano i servizi di coordinamento in materia di sicurezza e di salute, la direzione lavori, la contabilità dell’opera, l’asseverazione del rispetto dei requisiti tecnici ed il servizio di responsabile dei lavori.
Questi servizi, si badi bene, vengono sì fatturati dal “contraente generale” al committente, ma di fatto non sono resi dal contraente generale, ma da professionisti incaricati dal committente.
Tali spese, essendo pagate dal “contraente generale”, sono poi riaddebitate al committente, ma con l’esclusione ai sensi dell’articolo 15, posto che i professionisti incaricati di eseguire tali opere, avendo ricevuto l’incarico dal committente, hanno già emesso fattura nei confronti di quest’ultimo; nella risposta n. 480/2021, il “contraente generale” anticipa anche le somme relative alla fattura che il progettista ha emesso nei confronti del committente.
La presenza di un “contraente generale” crea delle difficoltà nella fatturazione verso tale soggetto da parte dei suoi fornitori, per via di una norma di dubbia applicazione con riguardo al tema del reverse charge di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a) del Decreto Iva.
Nei lavori edili, infatti, possiamo distinguere due diversi tipi di reverse charge:
quello disciplinato dalla lettera a), per le prestazioni di servizi di subappalto edile,
e quello disciplinato dalla lettera a-ter), per le prestazioni di demolizione, installazione impianti e completamento di edifici. Nel caso in cui le due fattispecie si sovrappongano, trova applicazione il reverse charge di cui alla lettera a-ter).
Per quanto riguarda le prestazioni di servizi ricadenti nella lettera a-ter), la presenza di un “contraente generale” non modifica l’obbligo di applicare il reverse charge; infatti, chi rende prestazioni di servizi di demolizione, installazione impianti e completamento, svolte su edifici, applica il reverse charge tutte le volte in cui il proprio cliente sia un soggetto passivo Iva (fatte salve particolari eccezioni individuate con circolare, non degne di nota a questi fini). L’idraulico, l’imbianchino, l’elettricista, il piastrellista, colui che fa cappotti e cartongessi, il muratore, applicheranno quindi sempre il reverse charge nelle fatturazioni verso il “contraente generale”.
Nessun problema di fatturazione vi sarà per tutti i soggetti che cedono beni, ancorché con la posa in opera. La qualificazione di un contratto come cessione di beni, nel quale la eventuale posa assume carattere accessorio, fa escludere per definizione dall’applicazione del reverse charge. In sostanza, il soggetto che dovesse cedere, ad esempio, i serramenti, i parapetti, il materiale costruttivo, ecc, emetterà fattura con Iva al “contraente generale”.
Analogamente, non vi saranno problemi per l’individuazione del regime Iva di quelle prestazioni di servizi che non sono qualificate edili, quali quelle ad esempio di realizzazioni di manufatti ed installazione in cantiere, come le finestre su misura, i parapetti metallici, le scale a chiocciola, i lavori di sistemazione a verde, ecc… . Tali prestazioni di servizi, essendo qualificate “manifatturiere” e non “edili”, sfuggono in ogni caso all’applicazione del reverse charge e vanno fatturate con Iva.
Più complicato diventa l’inquadramento di quelle prestazioni rese da soggetti che, pur qualificandosi edili, non ricadono nella sfera di applicazione del reverse charge di cui alla lettera a-ter), ma potenzialmente in quella di cui alla lettera a).
Si tratta, in particolare, di prestazioni relative a lavori che non interessano l’edificio o ciò che ne costituisce parte integrante (ad esempio la realizzazione di un impianto elettrico per degli esterni), e quelle prestazioni di servizi edili non ricomprese specificamente nei codici Ateco richiamati dalla lettera a-ter), quali quelle di realizzazione di coperture, e la costruzione o ristrutturazione di edifici completi.
Con riguardo a tale ultima fattispecie, il MEF, in una risposta ad interpello, richiamando le note introduttive dei codici Ateco, ebbe modo di precisare che sfuggono all’applicazione del reverse charge solo le imprese che realizzano completamente un intervento di costruzione o di recupero, eventualmente affidando l’opera in subappalto a terzi, e non quelle che eseguono solo parte dei lavori, quali ad esempio le sole opere murarie.
In sostanza, secondo il MEF, se una impresa di costruzioni fatturasse al “contraente generale” solo le opere murarie, perché quest’ultimo ha rapporti diretti con le altre imprese che realizzano l’intervento (impiantisti, serramentisti, ecc…), per tali lavorazioni la fatturazione dovrebbe seguire il regime del reverse charge.
Fatte tali precisazioni, resta evidente che la eventuale applicazione del reverse charge di cui alla lettera a) nei confronti del “contraente generale” appare abbastanza marginale, in quanto sarebbe potenzialmente applicabile solo verso soggetti che realizzano “altri lavori specializzati di costruzione”, individuati dai codici Ateco 43.9, quali quelli di realizzazione di coperture.
In questi casi, l’applicazione del reverse charge di cui alla lettera a) è “eventuale”, in quanto l’ultimo periodo di tale norma prevede che “La disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori”.
Tale norma fu inserita dalla L. 244/2007, come “risposta” del legislatore ad una risposta ad interpello (R.M. 155/2007) che prevedeva l’applicazione del reverse charge nella fatturazione verso il “contraente generale”, come individuato dalla normativa sui lavori pubblici. Con tale risoluzione, l’Agenzia qualificò il rapporto tra il general contractor ed i suoi fornitori come “subappalto”, mentre, per quanto riguarda la normativa sui contratti pubblici, detto rapporto viene visto come fosse un “appalto”, posto che il general contractor, ai fini di tale norma, si “sostituisce” alla stazione appaltante (il committente principale).
Fatta tale premessa, stante le difficoltà di interpretazione “ordinaria” della norma, a parere di chi scrive la volontà del legislatore era quella di limitare l’applicazione del reverse charge di cui alla lettera a) alle sole casistiche di fatturazione verso un soggetto che ha la qualifica di “contraente generale”, in quanto gli è stata attribuita a seguito dell’aggiudicazione di una gara di appalto pubblica che qualifica in tale modo la sua prestazione.
D’altronde, il legislatore, se avesse voluto escludere dal reverse charge tutti i casi in cui “venga affidata dal committente la totalità dei lavori”, non avrebbe necessariamente dovuto fare riferimento alle prestazioni rese verso il “contraente generale”, un termine che, da un punto di vista normativo, ha una propria precisa qualificazione giuridica all’interno dell’ordinamento.
da Euroconference News