È raddoppiato, negli ultimi anni, il ricorso ai buoni pasto in formato digitale, che ora rappresentano oltre il 40% del totale dei ticket complessivamente utilizzati nel territorio italiano. La soglia di esenzione dalla tassazione retributiva e contributiva più alta rispetto a quella fissata per i buoni cartacei, diminuzione degli abusi in sede ed utilizzo e velocizzazione dei tempi di pagamento per gli esercenti rappresentano alcuni dei vantaggi dell’impiego delle card – utilizzabili sia tramite tessera elettronica sia da smartphone tramite app – rispetto ai ticket tradizionali.
Disciplina di riferimento dei buoni pasto
Come noto,. le regole applicative riservate ai buoni pasto sono disciplinate dal decreto interministeriale 07.06.2017 n. 122, emanato dal Ministero Sviluppo Economico, recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa in attuazione dell’art. 144, comma 5, D.lgs. 18.04.2016, n. 50.
Le caratteristiche di quello che rappresenta, insieme allo smartphone ed all’autovettura, uno dei diffusi fringe benefits riservati ai lavoratori subordinati e con contratto di collaborazione, sono delineate dall’art. 4 del citato decreto n. 122/17.
Buoni pasto cartacei
I buono pasti, nella loro versione tradizionale, sono costituiti da voucher numerati raccolti in un carnet ed assumono natura di titolo di pagamenti dal valore predeterminato stabilito dal datore di lavoro. Rilasciati al lavoratore che li consegna all’esercente al momento dell’utilizzo:
- consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
- permettono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
- sono impiegati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
- non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
- sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
Il documento riporta, normalmente, nella facciata anteriore: - il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
- la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
- il valore facciale espresso in valuta corrente;
- il termine temporale di utilizzo;
- uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
- la dicitura «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».
Buoni pasto digitali
I buoni pasto dematerializzati, pur non rappresentando titoli di credito al pari della versione cartacea, funzionano nella stessa maniera e possono essere utilizzati nello stesso modo.
Sono costituiti da una carta, con tesserino a banda magnetica simile ad un bancomat o carta di credito, su cui viene accreditato, dal datore di lavoro, l’importo dei tickets spettanti. In sede di utilizzo, introdotta la carta all’interno del Pos dell’esercente affiliato collegato al server del datore di lavoro, l’importo contenuto nella card viene scalato dal credito accumulato.
Gli elementi identificativi della ditta e della società di emissione i ticket, il valore facciale ed il termine di utilizzo dei buoni pasto, invece di essere raccolti in carnet, sono associati elettronicamente con microchip o banda magnetica, sul carnet elettronico; allo stesso modo, in fase di utilizzo, la data di utilizzo del buono pasto e i dati dell’esercizio convenzionato sono associati elettronicamente al buono pasto.
L’obbligo di firma del titolare del buono pasto é assolto collegando, nei dati della card memorizzati sul relativo supporto informatico, un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso, ed anche la dicitura di non cedibilità, cumulabilità oltre il limite di otto buoni, commerciabilità o convertibilità in denaro è riportata elettronicamente.
Attraverso l’erogazione dei buoni pasto elettronici, il lavoratore, informato dell’elenco dei negozi convenzionati al servizio ed iniziare ad utilizzare l’importo disponibile, potrà monitorare le spese e dei pagamenti effettuati ed il datore di lavoro decidere di limitare l’utilizzo dei buoni pasto elettronici che hanno la funzione di mensa aziendale diffusa (ad esempio, potrebbe ridurre la soglia di cumulabilità, oppure limitarne l’uso alle sole giornate lavorative).
In caso di smarrimento della card su cui sono caricati i buoni, è possibile bloccare la card digitale richiederne una nuova e recuperare tutti i buoni pasto perduti; il numero di buoni erogato mensilmente dipende dai giorni effettivamente lavorati dal dipendente, come per i buoni cartacei, anche i buoni elettronici sono cumulabili fino a un massimo di 8 ticket al giorno.
Aspetti fiscali delle card dematerializzate utilizzate nelle mense aziendali
Il regime fiscale applicabile alla somministrazione di alimenti e bevande mediante un badge elettronico, denominato “Card”, sia per quanto riguarda i lavoratori dipendenti che per datori di lavoro, è stato affrontato e risolto dall’Agenzia delle entrate attraverso la risoluzione n. 63 del 17 maggio 2005.
In quella occasione sono state distinte, tra l’altro, le ipotesi di:
- gestione diretta di una mensa da parte del datore di lavoro;
- prestazione di servizi sostitutivi di mense aziendali (Ticket restaurant).
Per quanto concerne la rilevanza reddituale per i lavoratori dipendenti nell’ipotesi a) rimane sempre esclusa, l’emersione di un reddito di materia tassabile dipendente, mentre il datore di lavoro è pienamente legittimato a dedurre i costi sostenuti per la gestione (anche in appalto) della mensa ed a detrarre l’IVA a lui addebitata per rivalsa (art. 83, comma 28-bis del D.L. 112/2008, dal 1° settembre 2008 – cfr. A. Pernice Buoni pasto digitali: disciplina fiscale, vantaggi e svantaggi).
Nell’ipotesi b), invece, la concorrenza dei buoni pasto al reddito di lavoro dipendente è esclusa solo fino all’importo di euro4 per i buoni pasto cartacei (le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29. Cfr. art. 51, comma 2, lett. c) secondo capoverso, TUIR) ed euro 8 per i buoni pasto digitali, ciò ai sensi dell’art. 51, co. 2 D.P.R. 22.12.1986, n. 917. Il D.lgs. 02.09.1997, n. 314/ ha allineato la base previdenziale a quella fiscale
Il costo relativo all’acquisto dei buoni pasto dedotto in riferimento al periodo d’imposta in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto, resta ammessi in deduzione per il datore di lavoro che, tuttavia, non è legittimato, secondo il testo della risoluzione in commento, a detrarre l’IVA addebitata dalla società intermediaria.
Il divieto di cumulo oltre il limite (4 o 8 euro) di buoni pasto non rileva sotto il profilo fiscale, non incidendo, ai fini Irpef, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente.
Pertanto, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente (ed assimilato) dei ticket opera, nei limiti di 4/8 € giornalieri, a prescindere dal numero di buoni utilizzati.
Per verificare se una prestazione di somministrazione di alimenti e bevande è riconducibile all’una ovvero all’altra ipotesi, si deve avere riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la somministrazione è operata ma anche alla presenza di eventuali convenzioni fra i partecipanti al contratto di somministrazione.
In sede di interpello ci si è chiesti se la somministrazioni di alimenti e bevande a mezzo card dematerializzate realizzata sulla base di apposita convenzione tra l’esercente commerciale ed il datore di lavoro potessero rientrare nell’alveo della fattispecie di “…gestione diretta di una mensa da parte del datore di lavoro..” fruendo dei medesimi benefici fiscali.
Ferma restando la possibilità di attribuire la qualifica di mensa aziendale anche agli esercizi pubblici (ristoranti, bar, ecc.) ai fini della corretta collocazione della somministrazione di alimenti e bevande tramite card elettronica in una delle due tipologie – mense aziendali o interaziendali o servizi sostitutivi di mensa aziendale ovvero – elemento qualificante è rappresentato, osservano i dirigenti delle entrate, dall’analisi delle modalità con cui la prestazione stessa viene resa.
Con la circolare 16.07.1998, n. 188, il Ministero delle Finanze, commentando la formulazione dell’art. 48, comma 2, lett. c), del TUIR, citato (attuale art. 51), ha ripreso il contenuto della circolare 23.12.1997, n. 326, qualificando come mense aziendali anche gli esercizi pubblici, limitatamente alle prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande realizzate sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro.
In funzione delle caratteristiche che contraddistinguono l’uso dello strumento elettronico, nel chiarimento di prassi si distingue la somministrazione alimenti e bevande mediante un badge elettronico rispetto a quella realizzata attraverso i ticket restaurant.
La card, operando su di un circuito elettronico,
- consente di verificare in tempo reale l’utilizzo conseguente alla maturazione del diritto da parte del dipendente – una sola prestazione giornaliera limitatamente ai giorni di effettiva presenza in servizio e, al contempo, di scongiurare un loro eventuale utilizzo improprio e/o fraudolento: quale potrebbe essere, ad esempio, la richiesta di somministrazione in un giorno in cui il dipendente risulti ammalato o, semplicemente, in una fascia oraria diversa da quella prevista contrattualmente per la pausa pranzo.
- non permette, in termini di utilizzo, di posticipare nel tempo la fruizione della prestazione e, pertanto, il dipendente che, pur avendo maturato il diritto alla prestazione, non consuma il pasto, non potrà più recuperarlo nei giorni successivi, né al medesimo verrà riconosciuto altro analogo diritto riconducibile al servizio di mensa aziendale. Le card, operando in tempo reale, non rappresentano titoli di credito, ma consentono unicamente di individuare il dipendente che quel giorno ha diritto a ricevere la somministrazione del pasto.
Di conseguenza, conclude il parere tecnico, dalla funzione attribuita alle card elettroniche, di mero strumento identificativo dell’avente diritto deriva che “…le stesse non sono assimilabili ai ticket restaurant, ma piuttosto ad un sistema di mensa aziendale, che può essere definita “diffusa” in quanto il dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che avendo sottoscritto la convenzione sono abilitati a gestire la card elettronica…”.
Le prestazioni rese attraverso di esse, quindi, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, a prescindere dal superamento o meno del limite di 8 euro (riferito esclusivamente alle prestazioni ed alle indennità sostitutive di mensa).
Nell’ipotesi in cui le card elettroniche venissero dotate di funzioni diverse – come ad esempio quelle di titoli di credito e/o documenti contenenti importi di spesa predeterminati – alle prestazioni ad esse collegate dovrà essere attribuita una qualificazione diversa, non potendo più la somministrazione essere considerata come svolgentesi nell’ambito di una mensa aziendale.
da Il Commercialista Telematico